Violenza sulle donne in italia: le testimonianze di chi è riuscita a dire basta.

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Con la pandemia, la violenza dentro le case è aumentata in maniera esponenziale e recuperare i bambini testimoni di tali violenze è difficile senza un sostegno adeguato.

Al Villaggio della Madre e del Fanciullo, ci occupiamo di casi difficili di violenza domestica, violenza sessuale, maltrattamenti, etc. di cui sono vittime donne e bambini di ogni nazionalità e provenienza. Pur con i loro trascorsi difficili e problematici, nella maggior parte dei casi queste storie hanno un lieto fine sia per la mamma che per il bambino.

La storia di cui voglio parlare oggi riguarda una coppia mamma-bambino accolta nella comunità educativa “Lagerstroemia” qualche anno fa. La mamma giunse qui da noi mediante il dispositivo legislativo ex 403 c.c., poiché allontanata dal contesto familiare a seguito dell’ennesima grave violenza fisica subita dalla donna di 40 anni da parte del compagno sotto l’effetto di alcool.

La gravità della violenza subita era chiara, la donna oltre ai danni psicologici aveva subito gravi maltrattamenti con conseguente trauma cranio-facciale rilevato dall’ospedale “Sacco” di Milano ove la stessa è stata trasportata con urgenza in ambulanza. 

Uscire dalla violenza: la testimonianza di una donna vittima di una situazione difficile.

A volte accade che le situazioni più difficili di violenze di genere, o violenze domestiche, vengano denunciate solo marginalmente. I ricatti sessuali, le molestie, la violenza sia fisica che psicologica, permette a molti uomini violenti di inquinare la relazione fino alla completa sottomissione delle proprie vittime fino ad evitare di essere denunciati apertamente dalle proprie compagne.

In questo caso la segnalazione dell’accaduto avviene grazie alla chiamata dello stesso minore di 6 anni che assiste alla scena e si rivolge al 112 in soccorso della madre. Grazie all’intervento dei carabinieri è possibile mettere fine al maltrattamento e avviare l’iter di assistenza alla coppia madre e figlio.

In occasione del collocamento, chiaramente ancora sotto shock, il bambino esterna la propria volontà di non far rientro a casa né di rivedere, anche in spazi protetti, il padre: del quale nutre puro terrore.

Come sempre succede in questi casi, il minore testimone di violenza domestica prova infatti profondo rancore nei confronti del genitore, colpevole di “aver fatto male alla sua mamma”. Nel nostro caso, il minore mostra, fin da subito, di possedere un atteggiamento irrequieto: alterna momenti in cui è tranquillo ad altri in cui si mostra ostativo nei confronti della madre e degli educatori che lo seguono. 

In questo caso solo una struttura preparata e del personale attentamente qualificato ha la possibilità di gestire casi così difficili. Le complicazioni e i sottili equilibri psicologici in gioco non sono approcciabili e gestibili da strutture non dedicate. In questi casi l‘esperienza, sedimentata in una lunghissima storia di interventi, recuperi e storie di successo è determinante.

La sensibilizzazione nei confronti dei minori e delle loro madri è massima, proprio per la profonda preparazione e lunga esperienza del nostro personale. In questo caso è evidente la fatica a gestire il senso di frustrazione del minore, conseguente alle negazioni ricevute ai suoi desideri.

Alla continua ricerca di attenzione, il bambino assume spesso atteggiamenti provocatori, ritrovandosi al centro di litigi con gli altri minori presenti in struttura ove mostra aggressività e rabbia. 

Il nostro intervento a sostegno delle donne vittime di violenza: il percorso di riabilitazione.

Come sempre al Villaggio della Madre e del Fanciullo, i protocolli attivati in queste situazione sono strettissimi. La priorità viene data al supporto emotivo e pratico. A fronte di ciò, oltre al persistente intervento educativo giornaliero, vengono attivati percorsi di sostegno psicologico differenziati sia per la madre, fortemente traumatizzata, sia per il figlio presso il Consultorio Familiare VMF. Durante la permanenza in comunità, tra difficoltà e ostacoli, si nota un rilevante miglioramento comportamentale del minore tradotto in una maggiore apertura e ricerca di fiducia verso gli altri. 

Purtroppo negli ultimi anni abbiamo notato come con la pandemia di Covid 19, la violenza dentro le case è aumentata in maniera esponenziale e recuperare i bambini testimoni di violenze domestiche è difficile senza un sostegno adeguato. Le istituzioni preposte all’accoglienza e aiuto sono sotto pressione. Pur con una ferrea volontà di riuscita, a volte non è facile poter continuare nell’opera di recupero e reinserimento delle madre e dei loro bambini.

La necessità di fare un lavoro continuo e prolungato nel tempo, rigorosamente in linea con le necessità dei minori non pregiudica l’importantissimo lavoro necessario perché le madri possano riacquistare fiducia in se per essere un vero supporto per il figlio e al tempo stesso ritornare ad essere donne indipendenti e autonome.

In questo caso, la signora, dal canto suo, ha potuto apprendere diverse strategie educative che le sono state necessarie per far fonte alle esuberanze proprie dell’età e a quanto vissuto dal figlio in anni di violenza assistita ponendosi come suo saldo e sicuro punto di riferimento. 

Per quanto riguarda sé stessa, è stata accompagnata in un lungo processo di re-identificazione personale finalizzato ad uscire dal vicolo cieco dei sensi di colpa per essere stata costretta ad allontanare il figlio dal padre, seppur violento. 

La madre ha riacquisito nel tempo la sua identità di donna meritevole di amore e affetto senza dover naufragare, per ottenerlo, in relazioni malsane, asimmetriche e di mero possesso. E’ un passaggio importante per ogni donna vittima di violenza economica, fisica e psicologica. L’affrancamento da ogni forma di sottomissione e sudditanza psicologica è il primo passo per il completo recupero.

Nel frattempo il padre, nonostante la possibilità dettata dal provvedimento giudiziario, emesso a favore del figlio, non ha voluto intraprendere nuove relazioni con lui fino a portare gli operatori sociali coinvolti a richiedere la decadenza della potestà genitoriale e l’affido esclusivo alla madre; traguardo raggiunto poco dopo le dimissioni dalla struttura. 

No alla violenza sulle donne. Ecco la mia dolorosa storia, ora sono felice

La signora, sostenuta dagli educatori nelle complesse relazioni con gli insegnanti del figlio motivate dalla iperattività di quest’ultimo, diventa più sicura di sé, riesce a profilarsi nuovamente sul piano lavorativo in qualità di addetta alle pulizie presso uffici o condomini privati ottenendo positive recensioni dai suoi superiori. 

L’importante traguardo di un reinserimento attivo nella società sembra essere compiuto. Ma è solo uno dei tanti passi che dai ora in avanti, la madre dovrà compiere per allontanarsi insieme al suo fanciullo da quelle situazioni di violenza a cui ha dovuto sottostare in passato. E’ importante saper ricostruire rapporti, fiducie e autonomie perse in passato.

La donna ha saputo preservare positivi rapporti con l’ex compagno di origine libanese, padre del suo primo figlio ora maggiorenne e con il quale mantiene buone relazioni interpersonali insieme al suo secondogenito. 

Il suo percorso di vita e di crescita sia personale sia come madre single ha trovato spazio, dopo una permanenza durata quattro anni in comunità, in un nuovo progetto di avviamento all’autonomia sul territorio di Brescia, luogo di vita dell’unica sorella con la quale nel tempo ha mantenuto stretti contatti. 

Questa, così come tante storie simili, fanno parte della memoria di esperienze che tutti noi al Villaggio della madre siamo chiamati a vivere costantemente e partecipare non senza difficoltà, pazienza e fiducia nel futuro. 

Ogni reinserimento, ogni recupero e tutti i minorenni strappati alle difficoltà, rappresentano un successo di tutto il team e più in generale una vittoria delle famiglie, società e collettività nei confronti dei bambini e del futuro che essi rappresentano.

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